Storia dell’Archivio Il Sessantotto, scritta da Maurizio Lampronti, aprile 2023…

L’Archivio Sessantotto nasce nel 1983, ma l’idea è precedente e viene da un gruppo di compagni che avevano sempre avuto riguardo per i materiali prodotti dai gruppi dell’allora sinistra rivoluzionaria. Non molti l’avevano conservato, solo alcuni, e altri l’avevano distrutto quando nel 78/79 la repressione colpiva con imputazioni gravissime anche il semplice possesso di giornali e documenti di un certo tipo.

Il progetto decolla nel disinteresse generale della città, il nucleo dei fondatori è composta da una decina di persone che discutono sulla realizzazione del progetto: ognuno di loro porta dieci nomi di persone che si pensa possano avere materiali; vengono spedite centocinquanta lettere a compagni che si supponevano interessati: risponde una (1) persona. Il clima era comunque pesante, tra gli ultimi aneliti delle B.R. e la scoperta della loggia P2.

I compagni che avevano avuto l’idea dell’Archivio erano stati i primi che avevano conferito materiali. Gli altri contattati furono scelti in base alle varie aree politiche antiistituzionali: anarchici, trotzkisti, marxisti leninisti, un paio di persone che provenivano dal Manifesto, altri da Lotta Continua. La discussione riunì circa trentacinque compagni, una dozzina interessati al progetto, alcuni poi si dispersero dopo la fondazione dell’Archivio, qualcuno si è aggiunto.

Si cominciò a lavorare in quattro o cinque persone; l’archivio volle essere fin dall’inizio slegato da gruppi politici o partitici; qualcuno l’aveva scambiato per una sede politica, si resero conto dell’errore e se ne andarono verso altri lidi. L’Archivio non ha legami politici, non aderisce a iniziative, ma lo fanno (lo continuano a fare) i compagni singolarmente. Maurizio Lampronti è nei Cobas della scuola, anche Marcello Giappichelli; Fulvio D’Eri nei comitati di base delle Ferrovie, Vincenzo Simoni nell’Unione Inquilini; fanno ciò che avevano sempre fatto.

Via de’ pepi, la prima sede…

La prima sede è stata in via dei Pepi, in S. Croce. Avrebbe dovuto essere in via di Mezzo che ha ospitato fin dal 1982 l’organizzazione Lotta Continua per il comunismo. Nella crisi di questo gruppo divenne luogo di incontro di compagni che facevano riferimento alle migliori espressioni dell’Autonomia; c’era un sotterraneo, una cantina, che si era pensato fosse adatto per l’Archivio, ma divenne poi una specie di bar notturno che si chiamava Pantera Rosa, che fu ottimo posto di ritrovo e  luogo di iniziative contro lo spaccio (nel quartiere l’eroina galoppava furiosa).

Quindi, via dei Pepi: dal 1970 era una sede politica, dopo le elezioni del 1970 uscì dal PSIUP quasi tutta la Federazione Giovanile, qualcuno entrò in Lotta Continua, altri organizzarono il Centro di Documentazione (che aveva un corrispettivo a Torino, con cui erano in contatto). Alla fine degli anni ‘70 rimase come sede di alcuni collettivi, sei persone continuavano a pagare l’affitto, non ne potevano più (dieci anni dopo) e lasciarono volentieri il posto all’Archivio. Era un vecchio fondo (come quello di via di Mezzo) alluvionato (cinque metri d’acqua) puzzolente: ci siamo stati sette anni. Nel 1989, improvvisamente, la proprietà che non se ne era mai curata rivolle il fondo. La proprietaria era figlia di un pittore di insegne che aveva fatto buona parte delle vecchie insegne di Firenze.

Da via Giano della Bella…

L’Archivio iniziò a cercare un’altra sede al momento dello sfratto, qualche settimana di picchetti e pressioni nei confronti del Comune; si andò a occupare l’Assessorato alla cultura e dopo un giorno e mezzo venne fuori il posto in via Giano della Bella. Era un orribile edificio moderno, nato per ospitare gli artigiani che vennero trasferiti lì dal vecchio Conventino che era stato anche rete di rapporti sociali nel dopoguerra. Alcuni preferirono restare nel vecchio edificio cadente, altri si trasferirono nel nuovo Conventino. Oltre all’Archivio, c’era Fuori Binario ed una istituzione per il recupero tossici. I rapporti con gli artigiani non erano tra i migliori, non capivano cosa facevamo e perché lo facevamo gratis. Loro guadagnavano dalla loro attività e pagavano affitto e condominio, noi pagavamo e non guadagnavamo; era difficile la convivenza, quando noi arrivavamo nel pomeriggio loro se ne andavano e si rimaneva soli nello spettrale edificio. L’Archivio si era autoridotto il canone di affitto al 20% come previsto dal Comune stesso per le associazioni culturali con scopi sociali e si accumulò un bel debito, poi annullato dopo una serie di incontri con i funzionari comunali.

… a via Gianpaolo Orsini!

Dopo sette anni al Comune venne in mente che lì non potevamo stare perché l’edificio aveva un’altra destinazione. Arrivano i vigili alla fine di un luglio caldissimo per lo sgombero fissato la settimana seguente, senza che noi fossimo stati avvisati. Si va all’Assessorato e si occupa: ci volle molto tempo per far capire che la disdetta non era mai arrivata. Il Comune aveva in idea di dare una sede a varie associazioni culturali. C’era il Parterre in piazza della Libertà, dei cubi ove l’Istituto Gramsci aveva tenuto per un po’ il suo materiale; poi venne fuori la vecchia scuola di via Orsini. Qui dovevano esserci, oltre all’Archivio, l’Istituto Gramsci, il Turati (PSI). Ci sarebbero state le tre anime della sinistra. Si infila la Lega ambiente e viene fuori il Forum per la pace e la guerra che organizza costosi convegni a cui presenziano pochissime persone: dopo un po’ sparisce e anche il Turati trova di meglio; poi arriva anche Italia Nostra e finalmente ci troviamo con altri che fanno cultura e hanno orari compatibili con i nostri

Maurizio Lampronti, aprile 2023