“IL MERCATO DEI VALANI A BENEVENTO”

di Elisabetta Landi

La compravendita del lavoro infantile nel Sud Italia tra il 1940 e il 1960

EDIESSE, Roma 2012

Nel capitolo introduttivo del suo libro,Elisabetta Landi racconta come si sia imbattuta nelle vicende dei valani durante le ricerche sui canti di tradizioneorale. Nel corso di interviste nella zona di Castelpoto in provincia di Benevento, la Landi, ricercatrice di musica popolare, cantante e suonatrice di tammorra prima con i Musicaliapoi con gli Ausulea, titolare di una libreria nel centro di Benevento, aveva ascoltato diverse testimonianze in merito, ma fino a quel momento esse erano state ricche di contraddizioni; inoltre, la quasi totale assenza di documentazione scritta sull’argomento non era in grado di confermare l’esistenza di questo singolare mercato di fanciulli e uomini. Uno dei testimoni privilegiati, Nicola Panella, poi emigrato in Toscana, nel corso di un’intervista raccontò con precisione e dovizia di particolari di essere stato venduto, da bambino, al mercato dei valani. Quell’intervista ha dato la stura ad una ricerca sul campo, attraverso una serie di interviste e di indagini documentali. Queste ultime non sono approdate a molto: incredibile a dirsi, ma non sono stati reperiti documenti che testimoniassero il fenomeno, quasi in una sorta di grande rimozione collettiva. Le interviste, allo stesso tempo, non sono state semplici da condurre: è stato difficile superare le riserve dei lavoratori, che avvertono ancora oggi la propria vicenda personale come lesiva e disonorante, ma esse hanno costituito il corpo dello studio della Landi. Chiaramente il metodo stesso della ricerca sul canto di tradizione orale ha portato l’autrice ad entrare in contatto con le popolazioni contadine locali e ad acquisire testimonianze dirette che si sono poi rivelate centrali.Questo piccolo grande libro ha il merito di aver riportato al centro la questione dei valani, dello sfruttamento del lavoro infantile per i lavori nei campi e nelle stalle. A servizio per un anno presso i massari, i ragazzini mangiavano e dormivano lì dove lavoravano, per lo più all’interno della stalla dove governavano gli animali. Il termine valano indica lo stalliere, il bifolco, l’addetto al bestiame. La ricompensa pattuita per il valano era in natura: vitto e alloggio per un anno, poche lire e qualche sacco di grano alla famiglia che lo cedeva. Probabilmente di origine longobarda, il termine valano trae origine da wald, che in tedesco indica il bosco. I valani sono citati in numerosi documenti storici nei territori del Sannio, ma anche in Puglia, Abruzzo, Calabria, Molise e tutte le terre longobarde fino al confine del ducato di Spoleto. Ma a Benevento il mercato dei valani si svolse fino alla fine degli anni cinquanta nel ventesimo secolo, nonostante tutte le leggi preposte alla tutela dei fanciulli e dei minori in genere. Le leggi e i controlli del periodo fascista fecero sì che in quegli anni il mercato di braccia si svolgesse di nascosto, ma non lo interruppero. Dopo una ricostruzione storica ed economica del contesto e delle condizioni in cui si svolgeva questo singolare mercato, nel libro la Landi riporta il dibattito storico e politico che nacque sulla scorta dell’articolo dell’avvocato Romano di Benevento. Nel 1950 l’avvocato Francesco Romano scrisse un articolo-denuncia su questa fiera che avveniva ogni anno, il 15 agosto, giorno dell’Assunta, proprio in quella piazza davanti l’Arcivescovado di Benevento; il suo articolo, corredato anche da esplicite testimonianze fotografiche, scosse le coscienze e suscitò finalmente un’analisi del fenomeno. Sulla stampa vi fu un certo clamore che spinse anche il deputato socialista Luigi Sansone a presentare un’interrogazione in Parlamento all’allora sottosegretario per il lavoro Rinaldo Del Bo. Notizie di questo nefasto mercato sono poi state riportate da diversi scrittori nei loro libri: Corrado Alvaro in Un treno nel Sud, Guido Piovene in Viaggio in Italia. Sul medesimo argomento Luigi Einaudi scrisse una lunga lettera al giornale liberale Il Mondo, che accolse anche interventi di Gaetano Salvemini e Paolo Sylos Labini. Tuttavia l’estinzione del fenomeno non fu tanto dovuta alle denunce sulla stampa e agli interventi sindacali, quanto piuttosto all’avvento della meccanizzazione nelle campagne, che produsse l’abbandono del lavoro manuale e richiese la riorganizzazione delle attività nei campi e nelle stalle.

                           Vito Nanni