“Il metodo Giacarta”

Vincent Bevins :Il Metodo Giacarta. La crociata anticomunista di Washington e il programma di omicidi di massa che hanno plasmato il nostro mondo. Ed.Einaudi
Quando nel 1997 apparve il volume”Il libro nero del comunismo” fu presentato con una enfasi incredibile su tutti i giornali e le reti televisive. Silvio Berlusconi che era capo del governo lo distribuì gratuitamente ai suoi accoliti e se ne parlò per dei mesi. Questo libro di Bevins potrebbe essere intitolato “Il libro nero dell’anticomunismo”perché descrive con ricchezza di particolari la campagna che Washington scatenò contro tutti i movimenti politici che si richiamavano all’esperienza comunista o anche vagamente socialista. L’autore è un giornalista americano che è stato inviato speciale per il “Washington Post” e Il “Los Angeles Times” e ha compiuto una indagine molto accurata sui delitti di massa commessi o commissionati dagli Stati Uniti durante il periodo della “Guerra Fredda” per assicurarsi il predominio nei paesi dell’Asia sud Orientale e nei paesi latino americani. In particolare la sua indagine si focalizza sulle vicende dell’Indonesia nel decennio che va dalla conferenza di Bandung (1955) che porta alla creazione del movimento dei paesi non allineati, fino al colpo di stato militare che pose fine al governo regolarmente eletto di Sukarno (1965) e che si concluse con un massacro di circa un milione di persone. L’autore si serve ampiamente degli studi storici più recenti di area anglosassone e si avvale anche di testimonianze personali di anonimi protagonisti di quella tragedia. Egli in una recente intervista rilasciata al periodico “Jacobin” il 2 Gennaio 2022 definisce così il ruolo che gli Usa svolsero durante la Guerra Fredda “Adesso può sembrare difficile da credere ma quando gli Usa emersero come potenza mondiale sembrava che le vie che potessero intraprendere fossero due. La prima era quella di rimanere fedele ai valori democratici e anticoloniali che almeno a parole avevano difeso, in contrapposizione al colonialismo europeo. La seconda era quella di ripetere in chiave globale quelle politiche che avevano portato alla nascita degli Stati Uniti, ovvero l’imperialismo razzista, la conquista, l’uso della forza militare ed economica per conquistare nuovi territori. Guardando indietro è facile dire che era evidente che gli Usa avrebbero preso il secondo cammino del dominio imperiale, ma non era così ovvio in quel periodo. Non lo era per Sukarno, ma finanche Mao e altri leader del Terzo Mondo. Penso che se vogliamo riassumere in modo molto rudimentale ciò che accade nella Guerra Fredda e cosa fu il Metodo Giacarta, direi che con esse gli Stati Uniti decisero di comportarsi come gli europei, ma con un diverso insieme di tattiche per modellare i risultati a livello globale in conformità con gli interessi economici e politici statunitensi. E in tal senso direi, sulla linea di quanto affermato dallo storico Odd Arne Westad, che il senso principale della Guerra Fredda è il passaggio dal colonialismo a un altro tipo di controllo”
Bevins analizza poi anche il colpo di stato dei militari in Brasile (1964) e nota come la paranoia anticomunista fosse alla base di quell’evento e come si giunse anche nell’America latina a creare una rete di sterminio di civili che ha modellato il mondo e che ha costruito la realtà di oggi.
Il libro si divide in 12 capitoli di cui riporto qui il titolo per dare un’idea della struttura del testo :
Capitolo I Una nuova era americana
Capitolo II L’Indonesia indipendente
Capitolo III Fiato sul collo
Capitolo IV Un’Alleanza per il progresso
Capitolo V In Brasile e ritorno
Capitolo VI Il Movimento 30 Settembre
Capitolo VII Sterminio
Capitolo VIII Nel Mondo
Capitolo IX Giacarta sta arrivando
Capitolo X Di nuovo a Nord
Capitolo XI We are The Champions
Capitolo XII Loro dove sono adesso? E noi dove siamo?
Alla fine c’è anche una appendice con cartine e dati ufficiali. Dal punto di vista espositivo l’autore quando analizza la situazione dei paesi dell’America Latina descrive in modo esauriente come gli Stati Uniti riescano a “normalizzare” la situazione politica attraverso interventi diretti,corruzione, addestramento dei militari non arretrando neppure davanti alle stragi più indiscriminate. Interessante è anche l’analisi delle conseguenze di quelle operazioni che prendono il via al sorgere dei regimi militari sudamericani. La famigerata “Operazione Condor”che portò ad omicidi mirati di oppositori in ogni parte del mondo ispirò le dittature militari centro americane a fare altrettanto ma su scala più vasta fino all’annientamento di intere comunità indigene totalmente estranee a qualsiasi schieramento politico. Insomma la paranoia anticomunista ha provocato stragi che paragonate a quelle compiute dallo stalinismo le eguagliano.
Un punto centrale del testo è quello in cui Bevins sottolinea che questa storia non si riferisce affatto al passato ma ha anche una sua attualità perché mentre il mondo comunista è crollato nel 1989 ,l’anticomunismo permane anche oggigiorno come sottofondo minaccioso. Nell’intervista sopra citata egli precisa:
“Non credo che questa storia sia finita. Con il passare del tempo i temi di questo libro si sono rivelati più attuali di quanto avrei voluto e l’anticomunismo è un fantasma del passato che può resuscitare in qualsiasi momento e con ancora più forza. Anche se l’egemonia degli Stati Uniti si realizza attraverso metodi differenti e se ha perso potere rispetto alla Cina, resta di gran lunga il paese più potente e non ci sono ragioni per credere che una cosa accaduta in passato non possa ripetersi di nuovo. È una sorta di credenza automatica che penso sia insostenibile. E lo posso affermare perché i cileni e gli indonesiani pensavano esattamente la stessa cosa. Molti di loro mi hanno detto che se gli avessi chiesto un anno prima della strage se fosse stata possibile, avrebbero detto di no. Ad esempio, i cileni pensavano «no, dai, siamo negli anni Settanta e non siamo mica in Guatemala o Indonesia dove i generali uccidono le persone!». Ecco, io credo che bisogna stare sempre in guardia, soprattutto perché il sistema economico globale è lo stesso di allora.
Non è un caso se questo libro non ha avuto alcuna eco sui media di casa nostra perché cozza clamorosamente con la narrazione propagandistica che vuole presentare gli Usa come campioni della democrazia e il capitalismo come l’unico sistema economico possibile. Questo saggio serve anche a capire meglio come l’Italia,che non è nominata nel testo, sia stata lambita da questa ondata e dai progetti di “normalizzazione”, basta riandare con la memoria alla stagione della “strategia della tensione”.Le stragi sui treni,quella di Piazza Fontana,la strage di Brescia e quella della stazione di Bologna hanno tutte nel sottofondo la presenza della NATO e della CIA. Quello che l’autore vuole dimostrare e ci riesce benissimo grazie anche ad uno stile chiaro da grande giornalista anglosassone, è che questo cosiddetto “trionfo del capitalismo” non ha portato prosperità e democrazia nel mondo ma acuito ancor di più le differenze tra paesi ricchi e paesi poveri ,tra paesi dominatori e quelli dominati.

Vito Nanni